sabato 16 maggio 2009

Una botta a destra...

La disuguaglianza, mi si spiega da destra, nasce dal merito. Chi merita di più ha di più. Sorvoliamo sull'incoerenza del diritto ereditario e prendiamo per buona questa filosofia. Sembra un ragionevole principio di giustizia. Il padrone della fabbrica guadagna più dei suoi operai e dei suoi impiegati, e quindi gode di una vita materialmente migliore, perché merita più di loro. Per la quantità del suo lavoro? Pare di no. Spesso anzi il padrone lavora meno. Per la qualità, invece. Il suo lavoro è più qualificato. E anche per il rischio. Il padrone della fabbrica guadagna di più perché si assume, di tasca propria, il rischio di fallire. Il suo guadagno non è garantito, ma dipende da come lui, con le proprie capacità, manderà avanti la fabbrica: tanti soldi ma poca sicurezza. L'operaio e l'impiegato, invece, hanno la certezza di avere una cifra fissa in busta paga a fine mese, comunque vadano gli affari del padrone. L'operaio e l'impiegato guadagnano meno ma rischiano meno: pochi soldi ma tanta sicurezza. Chiamiamolo "principio di responsabilità".

Questo in teoria. Scendiamo ora nei meandri della realtà. Il padrone spesso, di fatto, non esiste più. Molte imprese ormai hanno una proprietà frammentata nelle mani di una miriade di azionisti. Certo, di solito ce n'è qualcuno con quote azionarie più ampie, magari maggioritarie. Spesso l'azionista di maggioranza è l'erede della dinastia familiare fondatrice dell'impresa. Costui fa il bello e il brutto tempo in azienda. Poi ci sono i manager. Strapagati, con stipendi e rendite migliaia di volte superiori a quelli dei propri dipendenti. "E' ovvio, Shevek: hanno una grande responsabilità. Dalle loro decisioni dipendono le sorti dell'azienda". Si può disquisire sulla legittimità di questa disuguaglianza materiale, ma il ragionamento, in teoria, fila. Del resto, mi si ricorda sempre, appiattire gli stipendi è controproducente: "Pensa al comunismo, pensa a quelle economie fallimentari in cui tutti, dal dirigente all'ultimo operaio, guadagnavano le stesse cifre. Quale stimolo può indurre il manager a prendere decisioni difficili, se guadagna quanto un impiegato qualsiasi?". Giusto. Infatti il comunismo (quel comunismo, almeno) è morto e sepolto. Trionfa al suo posto un sano liberismo, nel quale viene premiata la responsabilità. Davvero?

Guardiamoci in giro. Vediamo aziende miseramente fallite perché amministrate male, mentre i loro manager prendono buonuscite milionarie. Scusate, ma il merito dov'è? Perché strapagarli se hanno fatto male il loro lavoro? Oppure vediamo aziende floride, in pieno attivo, impegnate a licenziare centinaia, magari migliaia di persone (si chiamano "ristrutturazioni"), per trasferirsi altrove, dove la manodopera costa meno (viene definita "delocalizzazione"). Su chi ricade la responsabilità di queste scelte? Sui manager, sui membri del consiglio d'amministrazione, sui grandi azionisti. E chi si fa carico delle conseguenze? I dipendenti: operai e impiegati di fatto non hanno alcuna certezza, subiscono gli effetti di scelte altrui, sono impotenti. Pochi soldi e poca sicurezza per chi sta in fondo alla gerarchia.

Non capisco. Dov'è finito, in questo mondo liberale e liberista, il "principio di responsabilità"?

Shevek

(mirrorato su Tumblr)


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