sabato 15 agosto 2009

"Per fortuna non ci sono italiani fra le vittime"

Centinaia di morti nel naufragio della nave. O nell'incidente aereo. O nel disastro ferroviario. O nell'attentato terroristico. O nel terremoto. "Per fortuna", tiene a precisare la lettrice del telegiornale, "non ci sono italiani fra le vittime". Ah, meno male. Mi sento più tranquillo. Scusate, ma... chissenefrega?

Non vorrei essere frainteso: il mio non è cinico disinteresse per la sorte di centinaia di persone. Mi sento toccato profondamente e commosso e addolorato. Solo... non riesco a sentirmi più rattristato per la morte di alcuni esseri umani che per quella di altri. Voglio dire: per quale motivo la morte di alcuni cittadini italiani dovrebbe coinvolgermi più della scomparsa di alcuni cittadini marocchini o argentini? Li conoscevo? Certo, se nella sciagura muore mio fratello o mia cugina o un mio amico o almeno un mio conoscente, io sono toccato direttamente. Colpito, impressionato. Perfino afflitto e prostrato. E anche se muoiono degli sconosciuti io provo dispiacere, perché sempre mi affligge il pensiero della scomparsa di qualche vita umana. Questo dev'essere chiaro. Ma per quale ragione la morte di Mario Rossi e Luisa Bianchi, rispettivamente di Cagliari e Pistoia, dovrebbe interessarmi più della morte di Mustafa Aziz o di Consuelo Rodriguez, rispettivamente di Marrakech e Buenos Aires? Non sapevo nulla di Mustafa e Consuelo ma neppure di Mario e Luisa. Con questi ultimi, a parte la lingua e qualche addentellato culturale, non avevo nulla in comune. E allora... forse certi morti sconosciuti hanno da essermi cari più di altri solo per il loro passaporto?

Eppure le cronache televisive sono piene di resoconti strappalacrime sulle povere vittime italiane. Le troupe televisive assediano le case dei parenti di Mario e Luisa per estorcere un commento, per zoomare su una lacrima, per frugare nei soggiorni e nelle camere da letto, per scovare storie banali nel passato delle vittime. Delle storie di Mustafa e Consuelo, evidentemente, agli italiani non deve importare nulla. Importerà, per qualche assurda ragione, solo ai marocchini e agli argentini, ai quali peraltro non fregherà nulla di Mario e di Luisa. Perché? Eppure sono tutti perfetti sconosciuti.

Lo so: un fatto non è mai una notizia. Diventa tale se possiede alcuni valori-notizia. Lo insegnano nelle scuole di giornalismo: uno dei valori-notizia è la vicinanza geografica o culturale dell'evento. Siccome la gente si impressiona per quanto le accade vicino, bisogna dare al pubblico quello che lui vuole nella forma che lui vuole. Ciò non toglie, beninteso, che tutto questo sia irrazionale e assurdo.

Chissà come le 40 vittime di un pullman precipitato da un viadotto sono una tragedia nazionale da prima pagina se l'evento accade a Udine, una disgrazia nella pagina di esteri se succede a Oslo e un brevina da poche righe nelle news se si verifica a Teheran. Incomprensibilmente, per un giornalista italiano rapito in Iraq si mobilitano migliaia di persone a Milano, ma per smuovere i cittadini di Madrid ci vuole il rapimento di un reporter spagnolo. Il 7 luglio 2005 di Londra è una comune giornata di Baghdad ma, assurdamente, il risalto giornalistico è diverso in modo abissale. Eppure nessuno se ne accorge.

Io non capisco. Perché?

Shevek

(mirrorato su Tumblr)



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